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Cavolo abissino (Brassica carinata): agronomia e tecniche colturali

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  • Cavolo abissino (Brassica carinata): agronomia e tecniche colturali

    quest'anno in sicilia centro abbiamo seminato per la prima volta la Brassicae Carinatae( famiglia colza) per la produzione di bio-disel,in questi giorni è iniziata a fiorire,se avete fatto delle esperienze in merito,chiedo suggerimenti e consigli,grazie
    tony

  • #2
    ciao anche io sono siciliano, della provincia di Palermo. insieme ad alcuni miei colleghi universitaeri ho seguito da vicino la questione Brassica carinatae, di cui abbiamo anche trattato durante un ciclo di seminari sulle energie alernative a cui ha partecipato anche il Dott. Messina. se ti serve posso passarti il materiale informativo riguardante il seminario. (ci hanno comunicato che la Pro.se.me ha distribuito 40.000 dosi di seme per qiest'anno)
    se ti è possibile perchè non posti un po di immagini in modo da far conoscere meglio questa specie.
    un'altra piccola informazione: voi avete già concluso contratti di conferimento per quest'anno?
    [COLOR=Green][/COLOR]

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    • #3
      ti devo dire che i contratti si sono fatti in fase di presemina mi sembra che proprio la proseme ha fornito le sementi con dosi di 7 km ettaro,e chiaramente ritireranno il prodotto ricavato.io desideravo sapere da chi ha eperienza in merito notizie riguardo la produttivita,il diserbo,la concimazione,se si puo avvicendare con il grano,la mietitura,e il trattametto degli stocchi,e viva il cavolo -abissino!
      tony

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      • #4
        Sono oltre 10 anni che coltiviamo Brassica Napus (Colza) e da 2 anni Brassica Carinata.

        Riporto un riassunto di un documento che è stato fornito dal mio Prof di Coltivazione Erbacee sulla Brassica Carinata.

        BRASSICA CARINATA (Brassica carinata A.Braun)
        Fam. Cruciferae
        Sottofam. Brassicaceae
        Ingl. Ethiopian Mustard

        A cura di Marco Mazzoncini – Dipartimento di Agronomia e Gestione Agroecosistema – Università di Pisa

        1 - ORIGINE, DIFFUSIONE E CENNI STORICI

        La Brassica carinata è una specie erbacea derivata dall'ibridazione interspecifica, e successivo sviluppo allotetraploide (n=17), di Brassica nigra (n=8) e Brassica oleracea (n=9) (U, 1935; Harberd e Mc Arthur, 1980; Hemingway, 1985). Questa specie è ritenuta originaria dell'Africa orientale (altipiani etiopici) in quanto proprio in queste regioni sono state individuate il maggior numero di popolazioni selvatiche (circa 900) (Alemaw, 1987). Utilizzata dalle popolazioni indigene per uso alimentare (le foglie come verdura ed i semi triturati come condimento), è stata oggetto di ricerche tese al reperimento di razze locali da diffondere in altri areali (Tcacenco, 1985). La coltivazione di questa specie in Etiopia si è sviluppata da circa 30 anni e si è diffusa prevalentemente sugli altopiani, tra i 2000 e 2700 metri s.l.m., dove sembra in grado di fornire rese granellari di 2.5-2.6 t.ha-1 con percentuali di olio nel seme che oscillano dal 37 al 51%.
        Recentemente la coltivazione della Brassica carinata ha suscitato notevole interesse anche in altri Paesi con caratteristiche climatiche non particolarmente favorevoli alla coltivazione del tradizionale colza invernale da olio (Spagna e California). Le ragioni di questo interesse sembrano risiedere nella maggiore vigoria e potenzialità produttiva manifestata da questa specie in alcuni ambienti nei confronti di Brassica juncea e Brassica napus (Fernandez Martinez e Dominguez, 1982; Fereres et al., 1983; Knowles et al., 1981) e nella maggiore resistenza a stress biotici ed abiotici (Prakash et al., 1984).
        L'interesse per questa specie è andato recentemente crescendo anche in relazione alla particolare composizione acidica del suo olio di estrazione, ricco di acido erucico e linolenico (Vaisey e Eskin, 1982; Fernandez-Martinez e Dominguez, 1982) che lo renderebbero particolarmente indicato per usi industriali (La Taille, 1992). L'elevato contenuto in glucosinolati osservato anche nelle farine di estrazione (Getinet, 1986) potrebbe inoltre consentirne una ulteriore utilizzazione industriale per la produzione di "bio-polimeri" (Palmieri et al., 1992).
        Nel nostro Paese, sulla base di questi presupposti, è stata istituita, nell'ambito del Progetto PrisCA, una rete nazionale di ricerca per valutare la possibilità di introduzione di questa specie anche nei nostri ambienti attraverso l'esame delle sue principali caratteristiche fenologiche, biometriche, produttive e qualitative.

        2 - DESCRIZIONE

        Pianta erbacea dal ciclo annuale e dal portamento eretto, è costituita da un fusto robusto e parzialmente lignificato alla base, sul quale, a partire dalla porzione mediana e distale, si inseriscono numerose ramificazioni. Nel complesso, la taglia della pianta è generalmente superiore a quella del tradizionale colza da olio (B. napus var. oleifera). Dagli studi condotti sul territorio nazionale, la pianta sembra in grado di raggiungere altezze di circa 2.8 metri negli ambienti del centro Italia e di superare i 2,2 metri in quelli del Sud; solitamente l'altezza rimane però compresa tra 1.4-2 metri. Anche il numero delle ramificazioni ed il livello di inserzione di queste sul fusto principale è risultato, in media, diverso nei genotipi di B.carinata rispetto a quelli di B.napus geneticamente migliorati (00): le piante di B.carinata infatti hanno presentato spesso un maggior numero di ramificazioni inserite sul fusto principale ad un livello più basso.
        Le foglie, glabre e dal tipico colore glauco-pruinoso durante la fase di rosetta (in inverno) si presentano picciolate e lirato-pennatosette mentre durante la levata risultano intere, lanceolate e semiamplessicauli. Sulla base delle ricerche condotte in Toscana, la superficie fogliare delle piante di B.carinata sembra mantenersi fotosinteticamente attiva più a lungo rispetto alle più diffuse cultivar di B.napus risultando mediamente superiore a quest'ultime in fase di inizio fioritura. Ciò potrebbe in parte giustificare la maggiore potenzialità produttiva della B.carinata dato che l'elevata attività fotosintetica in pre-fioritura sembra positivamente correlata con la resa granellare.
        L'infiorescenza è un racemo che può ospitare circa 50-200 fiori. La fioritura è scalare all'interno del racemo ed inizia nella sua parte basale per procedere poi verso quella apicale. Il fiore ermafrodito ha petali di colore variabile dal giallo al bianco o, talvolta, bicolore con venature violacee. I petali hanno generalmente dimensioni inferiori a quelli della B.napus. La B.carinata è specie autofertile ma in campo si ritiene che possano verificarsi fecondazioni incrociate per mezzo del vento o dei pronubi, in misura variabile dal 5-15% al 27-35%.
        Il frutto è una siliqua di forma e dimensioni anche molto diverse tra i genotipi appartenenti a questa specie: di lunghezza variabile da 3-4 cm a 8-9 cm, di forma cilindrica o a sezione ovale, non settata o parzialmente settata nella parte apicale. Generalmente il numero di silique per pianta e per unità di superficie risulta più elevato in B.carinata rispetto a B.napus in ragione del maggior numero di ramificazioni prodotto dalla prima. Anche questa caratteristica contribuisce ad aumentare il potenziale produttivo della B.carinata rispetto a B.napus.
        Prima di raggiungere la maturazione completa, il colore delle silique tende a virare dal verde al violetto per poi raggiungere il tipico colore giallo-paglierino a maturazione piena. Le silique sono costituite da due valve, separate all'interno da un sottile sepimento. A differenza della maggior parte delle varietà di colza da olio, le accessioni di B.carinata saggiate nei nostri ambienti si sono dimostrate decisamente meno sensibili al fenomeno della deiscenza delle silique (separazione delle due valve in fase di maturazione piena con conseguente caduta dei semi in esse contenuti, prima e durante la raccolta). Alcune linee saggiate in Calabria hanno prodotto silique praticamente indeiscenti difficilmente sgranabili anche manualmente. Ciascuna siliqua può ospitare dai 10 ai 20 semi globosi, uniseriati. Il colore del seme a maturazione può risultare anche molto diverso tra le cultivar di B.carinata: dal colore tipicamente marrone scuro-nerastro simile a quello di B.napus al marrone chiaro, quasi rossastro, al giallo. Anche le dimensioni dei semi sono risultate estremamente variabili in relazione all'andamento climatico, all'areale di coltivazione ed al genotipo considerato; dalle ricerche sinora condotte, il peso medio dei 1000 semi è apparso tendenzialmente superiore a quello delle più comuni varietà di colza da olio oscillando comunque tra i 2 ed i 5 g.
        Il seme presenta un contenuto percentuale di olio variabile dal 32 al 49% e dal 34 al 40% rispettivamente nell'Italia centro-settentrionale (Emilia e Toscana) e meridionale (Calabria e Sicilia). Gli acidi grassi maggiormente presenti nella frazione lipidica dell'olio di estrazione sono l'erucico (dal 35 al 48%), il linoleico (15-19% tra le accessioni saggiate in Toscana e 18-25% tra quelle valutate in Calabria), l'oleico (10-15% e 11-17%) ed il linolenico (9-15% e 10-16%). Il contenuto proteico oscilla intorno al 17-18%.
        Le produzioni granellari e dell’intera biomassa ottenute dalle accessioni di B.carinata saggiate sino ad oggi sono risultate quasi sempre superiori rispetto a quelle di B.napus. In semina autunnale al Nord Italia sono state raggiunte rese in granella secca di circa 3.5 t/ha, 2.7 t/ha al Centro nel ‘93 (+48% rispetto alla media della cultivar di B.napus) e 3.1 t/ha nel ‘95 (+51% rispetto alla varietà di B.napus più produttiva), 1.8 t/ha in Sicilia nel ‘93 e nel ‘94 (+34% e +5% rispetto a B.napus), 2.9 t/ha in Calabria nel ‘94 (+29% rispetto a B.napus) e 3.0 t/ha nel ‘95 (+12% rispetto a B.napus). Anche in epoca di semina ritardata o primaverile, le rese granellari della B.carinata si sono mantenute su un livello soddisfacente pur riducendosi rispetto all’epoca di semina ottimale. Al meridione (Calabria) in semina ritardata a fine dicembre le accessioni di B.carinata saggiate hanno subito, rispetto alla normale epoca di semina, un calo produttivo di circa il 23%, contro il 35% circa rilevato tra le varietà di B.napus; nella pianura pisana la semina della B.carinata nel gennaio del 1994 ha condotto a rese superiori alle 2.0 t/ha. In epoca di semina primaverile la B.carinata è stata capace di raggiungere rese pari a circa 3.0 t/ha nel bolognese, e a 2.7 t/ha nella pianura pisana.
        Per quanto riguarda la morfologia dell’apparato radicale della B.carinata, pur non essendo state realizzate fino ad oggi ricerche specifiche sulla sua conformazione ed il suo ritmo di sviluppo, dalle molte osservazioni visive, esso risulterebbe estremamente robusto e profondo così da garantire un'ottima stabilità basale ed un adeguato rifornimento idrico alla pianta. In presenza di ostacoli strutturali (come ad esempio consistenti strati compatti sottosuperficiali) il fittone tende a deformarsi manifestando così una scarsa capacità di penetrazione.

        3 - BIOLOGIA

        Il ciclo biologico della B.carinata è generalmente autunno-primaverile; in condizioni naturali il seme germina dopo le prime piogge di fine estate ed in pochi giorni (7-15) i cotiledoni emergono dal terreno. Successivamente inizia il periodo di formazione delle foglie che tendono a disporsi a rosetta. In questa fase la maggior parte delle linee di B.carinata saggiate in Italia ha dimostrato un più rapido accrescimento vegetativo rispetto alle cultivar migliorate di B.napus. A differenza di queste ultime, se le temperature invernali risultano particolarmente miti, alcune linee di B.carinata possono subire una precoce induzione a fiore, passando alla successiva fase di allungamento del fusto principale e comparsa dell'infiorescenza terminale già a partire dal mese di dicembre con un considerevole anticipo (circa 3 mesi) rispetto al tradizionale colza da olio. Ciò determina una minore resistenza al freddo delle piante che in caso di repentini abbassamenti di temperatura, possono subire una brusca interruzione dell'antesi e nei casi più gravi l'allessamento dei tessuti alla periferia della piante (infiorescenze e ramificazioni). Tale situazione si è verificata nell'annata 1994-95 nella pianura pisana ma ciò nonostante in primavera le piante di B.carinata hanno ripreso a vegetare fornendo in seguito buone produzioni.
        In condizioni di temperatura normali per l'Italia centrale, la B.carinata raggiunge l'inizio della fioritura dopo circa 160-170 gg dall'emergenza risultando mediamente più precoce rispetto a B.napus di circa 10-20 gg; nel caso di semine ritardate (in gennaio) la differenza di precocità è risultata più evidente essendo sufficienti soltanto 90 gg alle linee di B.carinata per raggiungere la fase di fioritura e ben 120 a quelle di B.napus. Il periodo di fioritura e di successiva maturazione può variare in relazione alla data di semina ed alle condizioni climatiche dai 50-60 gg ai 60-90 gg portando così la durata dell’intero ciclo biologico a circa 220-260 gg nel caso di semine autunnali e a circa 140-150 gg nel caso di semine ritardate. Nel primo caso la durata del periodo di fioritura e di maturazione è risultata, rispetto a B.napus, tendenzialmente maggiore tra le accessioni di B.carinata saggiate nell'Italia centro-settentrionale. Il più lento processo di maturazione può conferire alla B.carinata la capacità di attenuare le conseguenze negative determinate da andamenti climatici non favorevoli e quindi contribuire a migliorare e/o stabilizzare le rese granellari. Nel complesso, il ciclo biologico della B.carinata risulta simile a quello della B.napus, se non leggermente più breve.
        Considerando 0°C lo zero di vegetazione per la B.carinata, in semina autunnale la quantità di calore (somma termica) necessaria per il raggiungimento della fioritura è risultata, in media, pari a circa 1650-1750 °C, e 1120-1180 °C per la maturazione.
        Al Meridione (Calabria) il ciclo biologico delle accessioni di B.carinata saggiate è risultato più breve rispetto a quello osservato nell’Italia centrale mentre le differenze rispetto a B.napus sono state molto contenute; in semina autunnale la fioritura è iniziata 110-115 giorni dopo l'emergenza e il raggiungimento della maturazione è avvenuto dopo circa 55-65 gg dall'inizio della fioritura portando così a 165-180 gg il periodo compreso tra l'emergenza e la maturazione.

        4 - ESIGENZE PEDO-CLIMATICHE

        Le accessioni di B.carinata saggiate su tutto il territorio nazionale nell'ambito del progetto PRisCA hanno dimostrato una grande capacità di adattamento alle condizioni pedoclimatiche del nostro Paese. La coltura sembra in grado di adattarsi sia a terreni tendenzialmente sciolti come a quelli argillosi purchè sufficientemente drenati e strutturati; infatti, come la B.napus, essa rifugge dall'accesso idrico.
        La B.carinata non presenta particolari esigenze idriche essendo quest’ultime in gran parte soddisfatte dalle precipitazioni che si verificano durante il ciclo biologico della crucifera. La prolungata assenza di precipitazioni può risultare comunque dannosa per la coltura in fase di germinazione e durante il periodo di ingrossamento delle silique. In quest’ultimo caso, sia negli ambienti del nord e centro Italia che del meridione (Sicilia e Calabria) la coltura è risultata in grado di valorizzare le scarse precipitazione primaverili dimostrandosi particolarmente resistente a condizioni di stress idrico. In questo la B.carinata è facilitata, rispetto alla maggior parte delle varietà migliorate di B.napus, dalla tendenziale maggiore precocità di fioritura unita ad una più lunga durata del periodo fioritura-maturazione.
        Per quanto riguarda le esigenze termiche, la B.carinata è risultata tendenzialmente più sensibile al freddo del tradizionale colza da olio; mentre nell'Italia centrale ed al Meridione ciò non ha mai rappresentato un vero e proprio problema, al nord, inverni particolarmente rigidi hanno provocato forti danni alla coltura. In questi ambienti però, le scarse esigenze di vernalizzazione evidenziate dalla B.carinata, ne renderebbero possibile la coltivazione anche in epoca di semina primaverile.

        5 - GERMOPLASMA DISPONIBILE

        Attualmente non esistono cultivar iscritte al Registro Nazionale delle Varietà ma presso Istituti di ricerca nazionali ed internazionali vengono conservati genotipi di diversa origine e prvenienza (Etiopia, Svezia, Pakistan, India, Germania, Spagna, ecc.). Da una prima valutazione di parte di questo materiale, sono emerse interessanti peculiarità morfologiche e produttive che potrebbero suggerire, qualora si rendesse economicamente conveniente la produzione di acido erucico a partire da prodotti vegetali, l'avvio di un programma di miglioramento genetico mirato all'ottenimento di varietà da introdurre in areali di coltivazione anche meno favorevoli alla coltura del colza da olio a destinazione alimentare. In Europa la soc. Koipesol dispone di una collezione proveniente dagli Stati Uniti e dal Canada e di alcune linee proprie ricche in acido erucico (circa il 55%). Tra gli obiettivi del miglioramento genetico, la riduzione del contenuto in glucosinolati nel seme riveste particolare importanza ai fini di una utilizzazione zootecnica del panello di estrazione della B.carinata.

        6 - TECNICA COLTURALE

        Le ricerche sulla B.carinata realizzate in Italia sono state condotte utilizzando per questa specie la stessa tecnica colturale impiegata per il colza da olio (B.napus). In realtà sebbene tale approssimazione abbia consentito spesso di raggiungere ottimi risultati produttivi, le differenze di ordine morfologico tra le due specie e la maggiore rusticità della B.carinata potrebbero suggerire alcune variazioni della tradizionale tecnica colturale messa a punto per le varietà di B.napus migliorate.
        A tale riguardo si riportano di seguito alcuni aspetti della tecnica colturale meritevoli di riflessione e per i quali in futuro sarebbe opportuno attivare specifiche ricerche anche nell’ottica di una sostanziale riduzione degli input per questa coltura ancora poco conosciuta.

        Avvicendamento

        Come il colza, anche la B.carinata può essere introdotta, con le opportune cautele, negli avvicendamenti tipici del nostro Paese. Particolare attenzione va posta ove si coltivano barbabietola da zucchero, girasole e soia in quanto alcuni parassiti di queste colture risultano comuni anche alla B.carinata (Heterodera schachtii per la barbabietola e Sclerotinia sclerotiorum per le oleaginose). La B.carinata per la sua rusticità, resistenza agli stress idrici e per la notevole produzione di biomassa, potrebbe collocarsi con successo negli ambienti più marginali del Centro e del Sud interrompendo l’inevitabile monosuccesione dei cereali autunno-vernini e migliorando il bilancio della sostanza organica all’interno dell’avvicendamento. In ogni caso è da tenere presente che l’inserimento della B.carinata negli avvicendamenti ove è prevista anche la coltura del colza da olio a destinazione alimentare potrebbe determinare problemi di inquinamento delle partite di seme “00" a causa della spontanea rinascita della B.carinata all’interno della coltura di colza a basso erucico. Per ovviare a tale inconveniente sarebbe quindi necessario mantenere distinti gli avvicendamenti ove si inseriscono le due specie anche in funzione delle eventuali tipologie di suolo presenti in azienda destinando, per esempio, l’avvicendamento che include la B.carinata alle aree più marginali.
        Sotto l’aspetto ambientale, l’introduzione della B.carinata, più di altre specie, potrebbe risultare utile a ridurre la possibilità di rilascio dell’azoto nitrico in falda durante il periodo invernale ed a contenere i fenomeni di erosione idrica nei terreni in pendio.

        Lavorazione del terreno

        La particolare rusticità della B.carinata ed il suo robusto apparato radicale potrebbero giustificare, per questa specie, una maggiore utilizzazione delle tecniche di lavorazione del terreno alternative alla tradizionale aratura superficiale; di contro però, la scarsa capacità di penetrazione del fittone principale preclude l'adozione di tutte quelle tecniche semplificate che determinando la formazione di strati compatti sottosuperficiali potrebbero compromettere lo sviluppo del fittone. Naturalmente tale condizionamento non deriva esclusivamente dal tipo di attrezzo impiegato ma anche dalla natura del terreno sul quale viene utilizzato e dal grado di umidità di quest’ultimo.
        In particolare, su terreno asciutto, potrebbero essere utilizzati discissori che non superino i 30-35 cm di profondità o, in alternativa, attrezzi idonei alla lavorazione minima del terreno (a circa 10 cm di profondità) che non producano compattamento sottosuperficiale (sono quindi preferibili, soprattutto in condizioni di terreno umido, erpici a denti elastici o rotativi in sostituzione del tradizionale erpice a dischi). La semina diretta potrebbe rappresentare una ulteriore possibilità di intervento purchè il terreno non si presenti eccessivamente coperto dai residui vegetali della coltura precedente e sia capace di autostrutturarsi vuoi per via fisica che biotica. In ogni caso, poichè l'epoca di semina della coltura si colloca in un periodo dell'anno in cui le precipitazioni sono spesso scarse o assenti, la scelta delle tecniche e delle epoche delle lavorazioni principali e secondarie dovrà mirare a conservare l'umidità del terreno nello strato più superficiale per garantire la regolare germinazione dei semi. In tal senso, l'adozione delle tecniche di lavorazione più semplificate e/o la preparazione anticipata del letto di semina potrebbero rivelarsi particolarmente utili.

        Fertilizzazione

        Anche se è presumibile che i fabbisogni nutritivi della B.carinata siano molto simili a quelli del colza da olio comunemente coltivato, le quantità di macro- e micro-elementi realmente asportate dalla coltura non sono ancora conosciute con precisione. L'elevata quantità di biomassa che la B.carinata è in grado di produrre lascia supporre anche elevati fabbisogni nutritivi; ciò nonostante la coltura è stata spesso capace di notevoli produzioni (sia granellari che di biomassa) anche con livelli di fertilizzazione modesti. Quindi, pur rimanendo da definire le reali asportazioni operate dalla B.carinata, sembrerebbe possibile ridurre, rispetto alla B.napus, la quantità di nutrienti da anticipare alla coltura. Il differente ritmo di accrescimento della B.carinata rispetto alla B.napus dovrebbe inoltre suggerire un diverso atteggiamento nei confronti del frazionamento del livello complessivo di azoto da distribuire; nel caso di semine autunnali potrebbe essere opportuno un doppio intervento in copertura mentre con semine primaverili dovrebbe essere valutata anche la possibilità di incrementare la frazione di azoto distribuita alla preparazione del letto di semina.

        Epoca e modalità di semina

        Come ricordato in precedenza, data la scarsa resistenza al freddo di questa specie, l'epoca di semina al Nord dovrà essere decisamente anticipata (seconda metà di settembre) per consentire alla pianta di accrescersi prima dell'arrivo dei rigori invernali e risultare così più resistente a forti e prolungati abbassamenti di temperatura. In fase di "rosetta" tali condizioni possono provocare allessature dei tessuti ma non compromettere del tutto la vitalità delle piante. In alternativa, soprattutto nelle zone più fredde, la semina può essere spostata alla prima metà di marzo. Al Centro l'epoca di semina si colloca nelle prime 2-3 settimane di ottobre mentre al Sud, in funzione anche del grado di umidità del terreno, essa può variare da fine ottobre a fine novembre. Negli ambienti del Centro e del Sud la semina primaverile offre poche garanzie di successo data la scarsa piovosità dei mesi di maggio e giugno (corrispondenti al periodo di maturazione).
        Anche per quanto riguarda le modalità di semina da adottare per la B.carinata, le differenze morfologiche manifestate nei confronti della B.napus, suggeriscono alcune variazioni della tecnica di semina tradizionalmente utilizzata per quest’ultima. In particolare, la maggiore presenza di ramificazioni e la notevole vigoria della B.carinata potrebbero giustificare da una parte la parziale diminuzione della dose di seme in modo da ridurre il numero di piante per unità di superficie, e dall’altra il ricorso ad una semina a spaglio o a fila continua con seminatrici da grano in modo da ottenere una rapida ed omogenea copertura del terreno durante l’inverno.

        Controllo delle infestanti e raccolta

        La flora infestante della B.carinata non differisce da quella della comune colza da olio. A differenza di quest'ultima però la maggiore e più precoce copertura del terreno offerta dalla B.carinata rappresentano sicuramente un efficace mezzo agronomico di contenimento della flora infestante che, se abbinato alla tecnica della falsa semina, potrebbe consentire, in certi ambienti, di evitare il diserbo chimico. Il ricorso a quest'ultimo non é attualmente praticabile non essendo al momento autorizzato, per questa coltura, l'uso di alcun principio attivo. Dal punto di vista tecnico, sulla base delle esperienze condotte in Italia, sembra comunque possibile utilizzare per la B.carinata gli stessi principi attivi registrati per il colza sia in pre-semina che in pre- e post-emergenza (trifluralin e metazaclor). Occorrerebbe però, anche in questo caso, determinare con maggiore precisione la selettività di tali p.a. (sia in pre- che in post-emergenza) nei confronti della B.carinata in condizioni pedoclimatiche differenti e per diverse cultivar.
        La raccolta può essere realizzata e con le stesse modalità operative adottate fino ad oggi per il colza; sono comunque da attendersi minori perdita di granella grazie alla scarsa deiscenza delle silique della B.carinata anche se l’elevato numero di ramificazioni può indurre ad una maggiore scalarità di maturazione.

        7 - AVVERSITA'

        Sulla base delle esperienze maturate in Italia ed all’Estero, sembra possibile affermare che le piante di B.carinata risultano più resistenti ad alcune delle fitopatie che più comunemente compromettono le rese unitarie del tradizionale colza da olio (B.napus). Sono state infatti segnalate forme di resistenza al "cancro dello stelo" provocato da Leptosphaeria maculans (Desm.), alla "macchia nera o grigia" prodotta da Alternaria spp., alla “ruggine bianca” causata da Albugo candida (Pers. ex Hoook.), alla “sclerotinia” prodotta da Sclerotinia sclerotiorum (Lib.) (Downey e Rimmer, 1993).
        Rispetto alle più comuni varietà di B.napus "00", le accessioni di B.carinata saggiate sul territorio nazionale, sono apparse meno frequentate da insetti quali Meligetes aeneus e/o Ceutorhinchus assimilis e più tolleranti agli attacchi di afidi.

        8 - UTILIZZAZIONE

        L'utilizzazione della B.carinata è strettamente legata all’interesse dell'industria verso gli olii vegetali ad alto contenuto in acido erucico; esso deriva dall'elevato costo della sintesi di detto acido grasso, dalla necessità di commercializzare prodotti "puliti" (almeno per l'immagine della ditta produttrice) cioè più biodegradabili rispetto agli olii minerali e, nel caso dei carburanti, maggiormente in grado di ridurre le emissioni di anidride carbonica, zolfo e particolati. L'acido erucico trova utilizzazione diretta nell'industria del nylon e della plastica, come lubrificante per motori ad alto rendimento, motoseghe e fuoribordo, come componente nella produzione di miscele di anticrittogamici insolubili in acqua. Tra gli altri impieghi industriali dell'olio ad alto contenuto di acido erucico può essere ancora ricordata la sua utilizzazione quale olio da tempera e olio emulsionante.
        In particolare questo tipo di olio ha riscosso notevole successo per la lubrificazione delle motoseghe in Austria dove vige una rigida disciplina antinquinamento nel settore della forestazione e negli USA quale lubrificante di motori 2 tempi fuoribordo. L'elevata biodegradabilità (circa 80%) ne consiglia infatti l'uso laddove la dispersione nell'ambiente (mari, foreste) può risultare apprezzabile. Anche dal punto di vista motoristico l'elevata presenza di acido erucico migliora la viscosità ed il punto di fumo dell'olio lubrificante rendendolo indicato per i motori dei jet e dei 2 tempi veloci.
        Come olio da tempera, l'olio ad alto contenuto in acido erucico sembra garantire una ottima copertura del metallo da temperare grazie alla sua ridotta tensione di vapore che permette di bagnare omogeneamente il metallo caldo senza evaporare. Nel caso in cui però siano presenti nell'olio acidi grassi polinsaturi (linoleico e linolenico) in misura rilevante, l'olio tende più facilmente ad ossidarsi provocando un indesiderato imbrattamento del metallo da temperare. Tale inconveniente può essere superato attraverso la miscelazione dell'olio con additivi che però implicano un incremento del costo del prodotto. Gli olii vegetali possono trovare impiego anche come olii emulsionabili andando così a competere con gli olii minerali su un mercato estremamente ampio. In questo settore di impiego il problema principale derivante dall'uso degli olii minerali è legato alla biodegradabilità degli ingenti quantitativi immessi nel terreno o nei corsi d'acqua dalle officine meccaniche; nel caso in cui l'olio emulsionabile non venga disperso nell'ambiente ma inviato alla depurazione si configura comunque un aggravio dei costi da parte dell'utenza.
        L'utilizzazione indiretta dell’olio di B.carinata, come quello di colza, è rappresentata principalmente dalla produzione del “diestere” da impiegare quale carburante per motori diesel. In questo settore l'industria ha fino a oggi utilizzato prevalentemente semi di colza dato il loro migliore rendimento ed il costo più contenuto sui mercati mondiali rispetto ad altri semi oleosi (soia e girasole). Infatti i semi di B.carinata e B.napus sembrano essere i più indicati per la produzione del diestere per l’assenza di cattivi odori in fase di combustione probabilmente legata alla scarsa presenza di acido linolenico. Sebbene l'uso del diestere come carburante per autovetture e trattrici stia ricevendo un certo successo a livello di cooperative agricole in Austria e Germania, sembrerebbe improponibile una massiccia utilizzazione dell’olio di B. Carinata o napus in questo settore che peraltro sarebbe capace di assorbire solo una parte della produzione potenziale. Di contro l'impiego del diestere come combustibile per riscaldamento e trasporto urbano amplierebbe notevolmente il mercato di questo prodotto con maggiori benefici ambientali delle aree e delle città a maggiore rischio di inquinamento atmosferico.
        Dal punto di vista agronomico, la B.carinata, in considerazione della maggiore massa vegetale prodotta fin dalle prime fasi di sviluppo rispetto a B.napus, potrebbe trovare utilizzazioni allternative alla produzione di granella come coltura foraggera o come coltura intercalare con funzione di "intercettazione" dei nitrati altrimenti destinati alla lisciviazione (catch crop).

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        • #5
          9 - BIBLIOGRAFIA

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          Nella nostra azienda normalmente la facciamo in successione al grano su minima lavorazione: 2 passate di grubber, o in alternativa erpice a dischi, (ma se si passa con l'erpice a dischi poi dobbiamo passare un vibrocoltivatore o l'erpice rotante per finire di preparare il letto di semina che deve essere ben raffinato data la dimensione del seme, indispensabile per una buona riuscita della coltura che il letto di semina presenti una zollosità molto limitata, e che il terreno venga preparato in tempera) per cui normalmente la prima passata di grubber viene effettuata subito dopo la trebbiatura del grano per interrare le stoppie e stimolare la nascita di infestanti, e quella successiva prima della semina (se terreno troppo soffice rullatura prima della semina).
          L'anno prossimo sperimenteremo anche la semina su sodo tramite seminatrice da sodo JD 750 per cereali.
          La semina viene effettuata con seminatrice pneumatica Accord da cereali, ma può essere effettuata anche con seminatrici da bietole a 45-50 cm, con un quantitativo di seme che varia da 5 a 8 kg/ha.
          Per il diserbo usiamo 1,5 kg/ha di trifularin, e per quanto riguarda la concimazione in presemina 1,5 q.li/ha di 18/46, e un mesetto fa abbiamo distribuito 2 q.li di urea.

          Le rese variano da 20 a 30 q.li/ha (dipende dall'uniformità di nascita, e dalla piovosità di maggio) sia per la colza che per la brassica carinata, la brassica carinata è un po' più rustica cioè si adatta meglio anche a terreni più argillosi, e anche un po' umidi d'inverno.
          Si adatta a molti terreni, ma maggiormente su terreni tendenzialmente sabbiosi o comunque senza grossi problemi di ristagni idrici, abbiamo avuto ottimi risultati anche su terreni tendenzialemente argillosi in collina.
          Invece il colza su terreni con ristagni di acqua in inverno tende ad arrossire le foglie e bloccare lo sviluppo, per poi riprendere in primavera, ma con una certa perdita di produzione.
          Per ridurre la perdita per deiscenze delle silique è consigliato il taglio e andanatura 15 giorni prima della trebbiatura, e poi la trebbiatura delle andane, infine trinciatura stocchi con semplice trinciastocchi.
          Dopo colza o brassica carinata abbiamo seminato grano su sodo con ottime rese.

          Foto di maggio 2007:



          Ultima modifica di Dj Rudy; 01/04/2008, 23:54.

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          • #6
            grazie per l'informativa,sono in pallone per quando riguarda la trebbiatura,ci avevano detto che si doveva fare diretta con la mietitrebbia verso la fine di giugno,perchè aparere dei tecnici è un prodotto che anche secco non ha perdite.fammi sapere.ciao
            tony

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            • #7
              Originalmente inviato da gaetano valenza Visualizza messaggio
              ci avevano detto che si doveva fare diretta con la mietitrebbia verso la fine di giugno,perchè aparere dei tecnici è un prodotto che anche secco non ha perdite.fammi sapere.ciao
              Ho già scritto nel post precedente che la brassica carinata ha una deiscenza minore rispetto al colza, e quindi è maggiormente adatta per una trebbiatura con testata da grano (anche se è consigliabile montare una barra laterale ad azionamento elettrico per tagliare e ridurre gli "strappi" di vegetazione dato che le piante sono molto "intrigliate" tra di loro).
              Detto questo se nella tua zona c'è una vecchia Hesston 6500 potresti fare il doppio taglio quindi andanatura con la Hesston 15 giorni prima della trebbiatura e poi trebbiatura delle andane, in questo modo riusciresti a ridurre ulteriormente le perdite per deiscenza delle silique.
              La Hesston 6500 è una macchina simile a questa: http://www.newholland.com/h4/product...eature=8124311 ma molto più piccola, ma il lavoro è lo stesso.
              Detto questo noi l'anno scorso l'abbiamo trebbiata senza andanatura ottenendo comunque buoni risultati, è importante che sia effettuato un costante monitoraggio della maturazione, e quando è pronta trebbiare, perchè attendere 3/4 giorni in più, poi magari fa un temporale o una bella botta di vento quando le silique sono ben secche significa perdere molto prodotto.

              P.S. hai già un prezzo di ritiro fissato?

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              • #8
                Originalmente inviato da Dj Rudy Visualizza messaggio

                P.S. hai già un prezzo di ritiro fissato?
                Sarei curioso anche io di conoscere i vostri prezzi
                Da me quest'anno il prezzo di ritiro era fissato a 22 euro\ql .....cosa che ci ha fatto desistere da continuare quest'anno, visto il prezzo della avena, e dei girasoli soprattutto

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                • #9
                  si.27centesimi chilogrammo.qui da noi il girasolole è uncoltura quasi impraticata,meglio l'orzo che l'avena.ciao e sempe grazie,sei forte.
                  tony

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                  • #10
                    Ragazzi i prezzi sono troppo bassi.... se il girasole è andato ad oltre 45 €/q.le, e anche il colza è vicino a quei livelli, dovete farvi pagare anche la brassica vicino a quelle quotazioni, anzi per certi versi la brassica carinata dal punto di vista industriale può avere una valorizzazione maggiore di quella delle altre oleagionose come girasole o colza.

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                    • #11
                      In toscana la brassica carinata è stata pagata da 41 a 45 euro al quintale (tale prezzo deriva dalle quotazioni della borsa francese (matif)

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