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Prato bio in montagna

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  • Prato bio in montagna

    Ciao a tutti, vorrei sottoporvi un'idea che medito da qualche tempo.
    Vorrei investire in un podere in zona montana (Appennino settentrionale), con lo scopo principale di utilizzare l'abitazione, come seconda casa per l'estate.
    Tuttavia sto valutando anche l'acquisto di un terreno, idealmente di 10-20 ha a seminativo/prato + eventuale quota di bosco, il tutto a 5-700m di quota.
    L'idea sarebbe di mantenere il terreno a prato stabile, vendendo il foraggio in piedi ad aziende della zona.

    La prima considerazione è di natura agronomica: vorrei gestire il tutto in bio (trattandosi di prato stabile non dovrebbe essere molto complicato) e prevedo di produrre 40-50 qli di fieno/anno. Corretto?

    La seconda è di natura economica: tra contributi PAC, contributi Bio e valore del fieno venduto (conto il 50% del valore complessivo), dovrei generare un introito netto di circa 650-700 €/ha.
    Considerando che io non ho intenzione di eseguire lavorazioni in proprio, che in zona montana non si paga l'imu sui terreni e che il costo medio dei terreni in zona oscilla sugli 8-10mila €/ha, dovrei ripagare l'investimento iniziale in 10-15 anni.

    Ora, fin qui mi sembra tutto troppo semplice, considerando che in zone ben più vocate all'agricoltura, è praticamente impossibile ripagare il costo dei terreni in una vita intera. Quindi, dove sbaglio?

    Non sono un sognatore, nè un giovane sprovveduto. Conosco bene la realtà dell'agricultura, ma non ho conoscenza diretta delle problematiche della montagna, quindi ringrazio fin da ora chiunque volesse condividere la propria esperienza e magari smontare le mie valutazioni



  • #2
    Intanto tra 10 e 20 ha c'è una bella differenza. Servirebbe definire meglio, sapere la pendenza e di conseguenza con quale tipologia di macchine si possono svolgere le operazioni. Con 10 ha di prato fai più di 40-50 q di fieno ma contributi PAC e bio non sono così scontati da prendere: per la PAC (se non erro) servono i titoli; per il bio (sono sicuro) serve la certificazione, dopo 3 anni di conversione.
    Ci sta avere la seconda casa in montagna. Da lì a pensare di fare del guadagno, anche minimo, con prati che non hai ancora in proprietà e gestiti senza avere una partita iva agricola attiva, ce ne passa.
    Perdona il pragmatismo. Buon 1° maggio

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    • #3
      Molte grazie per la risposta e buon primo Maggio a te!
      Solo per specificare:
      - 40-50q sono intesi per ettaro (mi sembrano ragionevoli in zona montana), così come tutti i conti che ho postato. Che poi si tratti di 10, 15 o 20 ha, questo pesa sull’investimento iniziale e sul rendimento complessivo, oltre a permettere di spalmare più o meno alcuni costi fissi (amministrativi, ecc…). Non cambiano però le valutazioni ad ettaro.
      - per i titoli Pac, dovrei riuscire ad attingere alla riserva. Non è scontato, ma ci sono buone possibilità, delle quali ho già discusso in associazione.
      - per i contributi bio, hai ragione, non ho considerato il tempo di conversione. Ammetto poi di avere una conoscenza limitata di tutti gli adempimenti necessari, anche se, trattandosi di prato stabile, la situazione dovrebbe essere relativamente semplice.
      - ho già una partita iva agricola attiva per altri motivi. Per fare quel che ho scritto è indispensabile essere agricoltore: sarei un’azienda agricola a tutti gli effetti, anche se, di fatto, non eseguirei alcuna lavorazione in proprio, salvo qualche opera di manutenzione e pulizia a tempo perso.
      - non ci devo vivere, ma solo ricavarne una piccola rendita.

      grazie ancora!

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