Dall’Arena di Verona Giugno 2006
Due MORTI dopo un volo di 30 metri
Sono precipitati da una piazzola aerea che non era stata fissata
di Alessandra Vaccari
Un volo di una trentina di metri. Due corpi che cadono, in rapida sequenza. Due vite per cui da adesso in poi si deve usare il tempo al passato. In Italia per cercare di stare meglio, guadagnandosi da vivere massacrandosi di lavoro, ma sempre con il sorriso sulle labbra. Un sogno infranto con un volo assurdo che si sarebbe potuto evitare.
Ieri mattina Ovidiu Manole Heisu, 34 anni, romeno, regolare in Italia, residente in via Paolo Borsellino 4 a Verona era con l’amico e connazionale Ioan Petrisor, 29 anni, regolare, residente in via Morandini 5, sempre in città, al lavoro a Buttapietra.
Da finire c’era un ritocco al campanile. Uno strascico dei lavori di ristrutturazione alla chiesa dell’Esaltazione di Santa Croce.
La ditta per la quale lavoravano, la Silpro Srl, di via Val Lagarina 4, sempre di Verona, aveva terminato i lavori, ma doveva sistemare alcune chiazze lasciate da infiltrazioni al tetto del campanile della chiesa.
Ieri mattina alle 8.15, i due operai che lavoravano per la ditta da un paio d’anni, sono saliti sulla piattaforma aerea di un sollevatore Manitu Mrt 2540 turbo. Da quello avrebbero ridipinto. Hanno azionato i comandi che si trovano sul lato destro del carrello e sono saliti fino a quasi trenta metri. Poi proprio perché i due operai si sono scordati di inserire il perno che avrebbe impedito al carrello di «impennarsi», il carrello l’ha fatto.
Ovidiu è volato a terra con un urlo. Ha battuto sul braccio di metallo d’appoggio della pesante gru ed è rimasto a terra, morto.
Agganciato nel vuoto è rimasto Ioan. L’uomo ha provato con tutte le sue forze a tenersi stretto, aggrappandosi alla parte posteriore del carrello, che s’è anche aperta. Ha urlato l’uomo. Un grido che è rimasto nelle orecchie dei tanti che a quell’ora stavano già nella piazza chi per recarsi a messa, chi per andare in farmacia, o a far colazione al bar.
L’operaio, con la forza della disperazione ha provato anche ad alzare le gambe per cercare di agganciarsi alle sbarre del carrello. Ma non ce l’ha fatta ed è precipitato poco lontano dall’amico, travolgendo lo specchietto retrovisore del mezzo.
Da sotto, tra i tanti con il volto all’insù, anche Gianluca Cufone, direttore tecnico del cantiere. È stato lui a correre per cercare di abbassare il braccio. È stato lui a gridare disperato a Ioan di resistere che l’avrebbe tirato giù. Inutilmente.
I due romeni erano in Italia da alcuni anni. Ioan sposato. Ovidiu lo sarebbe stato tra poco meno di un mese, con una sua connazionale che abita a Bovolone. Erano in tanti a conoscere i due uomini, che da mesi stavano sistemando la parrocchia e scambiavano volentieri qualche parola.
«Venivano qualche volta a bere qualcosa da me», dice Jessica Sona, titolare dello Smile Cafè che si trova a un paio di metri dalla parrocchia, «erano due brave persone. Ho sentito il tonfo e credevo ci fosse stato un incidente in strada. Come tante altre volte. Sono uscita e non ho visto auto ferme, così mi sono voltata e ho visto l’operaio appeso al braccio del carrello. E poi...poi l’ho visto volare giù. È stato tremendo. Mi sono sentita le gambe piegarsi».
L’urlo degli operai è stato sentito anche da Ada Grotto, che abita dietro la chiesa: «Ero in casa e mi stavo infilando la camicia per andare a messa. Prima ho sentito un tonfo, poi un urlo disperato di aiuto. Un urlo che non mi dimenticherò mai perchè è stato così intenso, così forte, così disperato che è impossibile dimenticare. Me lo sento ancora dentro».
Le testimonianze si sommano, le une alle altre, tutte drammaticamente uguali. I due operai, oltre a non aver inserito il perno di sicurezza, che è rimasto nella custodia accanto al fanale sinistro della gru, non si erano nemmeno imbragati, così come invece avrebbero dovuto. In questo modo sarebbero rimasti penzoloni nel vuoto, ma si sarebbero salvati all’arrivo dei soccorritori.
Eppure, come hanno sottolineato i titolari del mezzo, che lo danno in affitto ai cantieri, i due avevano fatto il corso sulla sicurezza in ditta. Era stato loro spiegata l’importanza di rispettarle le norme, soprattutto per salvarsi la vita.
«Ho visto l’operaio che si teneva aggrappato con le mani al carrello», ha detto Emanuele Zanon, «e poi precipitare. Sono pratico di queste cose. Ho subito pensato, dio mio, non sono imbragati».
Sul posto oltre ai carabinieri di Cadidavid, quelli del Sis, il servizio investigazioni scientifiche. I vigili del fuoco di Verona hanno dovuto lavorare alcune ore per riaggianciare il carrello e abbassare il braccio mobile. Caschi in testa, imbragature per fissarsi nel caso fosse andato storto qualcosa.
Il traffico sulla statale è stato deviato per parecchie ore, con la polizia municipale locale a dare indicazioni.
Al cantiere sono arrivati i fratelli delle due vittime. Un altro urlo straziante che ha agghiacciato quanti già erano tesi e provati per quello cui avevano assistito.
«Ero in transito», ha detto don Walter parroco di Cadidavid, «ho visto il traffico e ho pensato a un incidente. Ho alzato gli occhi giusto per vedere la scena drammatica di quel corpo che cadeva a terra staccandosi dal carrello». Una scena che in tanti non dimenticheranno più.
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Due MORTI dopo un volo di 30 metri
Sono precipitati da una piazzola aerea che non era stata fissata
di Alessandra Vaccari
Un volo di una trentina di metri. Due corpi che cadono, in rapida sequenza. Due vite per cui da adesso in poi si deve usare il tempo al passato. In Italia per cercare di stare meglio, guadagnandosi da vivere massacrandosi di lavoro, ma sempre con il sorriso sulle labbra. Un sogno infranto con un volo assurdo che si sarebbe potuto evitare.
Ieri mattina Ovidiu Manole Heisu, 34 anni, romeno, regolare in Italia, residente in via Paolo Borsellino 4 a Verona era con l’amico e connazionale Ioan Petrisor, 29 anni, regolare, residente in via Morandini 5, sempre in città, al lavoro a Buttapietra.
Da finire c’era un ritocco al campanile. Uno strascico dei lavori di ristrutturazione alla chiesa dell’Esaltazione di Santa Croce.
La ditta per la quale lavoravano, la Silpro Srl, di via Val Lagarina 4, sempre di Verona, aveva terminato i lavori, ma doveva sistemare alcune chiazze lasciate da infiltrazioni al tetto del campanile della chiesa.
Ieri mattina alle 8.15, i due operai che lavoravano per la ditta da un paio d’anni, sono saliti sulla piattaforma aerea di un sollevatore Manitu Mrt 2540 turbo. Da quello avrebbero ridipinto. Hanno azionato i comandi che si trovano sul lato destro del carrello e sono saliti fino a quasi trenta metri. Poi proprio perché i due operai si sono scordati di inserire il perno che avrebbe impedito al carrello di «impennarsi», il carrello l’ha fatto.
Ovidiu è volato a terra con un urlo. Ha battuto sul braccio di metallo d’appoggio della pesante gru ed è rimasto a terra, morto.
Agganciato nel vuoto è rimasto Ioan. L’uomo ha provato con tutte le sue forze a tenersi stretto, aggrappandosi alla parte posteriore del carrello, che s’è anche aperta. Ha urlato l’uomo. Un grido che è rimasto nelle orecchie dei tanti che a quell’ora stavano già nella piazza chi per recarsi a messa, chi per andare in farmacia, o a far colazione al bar.
L’operaio, con la forza della disperazione ha provato anche ad alzare le gambe per cercare di agganciarsi alle sbarre del carrello. Ma non ce l’ha fatta ed è precipitato poco lontano dall’amico, travolgendo lo specchietto retrovisore del mezzo.
Da sotto, tra i tanti con il volto all’insù, anche Gianluca Cufone, direttore tecnico del cantiere. È stato lui a correre per cercare di abbassare il braccio. È stato lui a gridare disperato a Ioan di resistere che l’avrebbe tirato giù. Inutilmente.
I due romeni erano in Italia da alcuni anni. Ioan sposato. Ovidiu lo sarebbe stato tra poco meno di un mese, con una sua connazionale che abita a Bovolone. Erano in tanti a conoscere i due uomini, che da mesi stavano sistemando la parrocchia e scambiavano volentieri qualche parola.
«Venivano qualche volta a bere qualcosa da me», dice Jessica Sona, titolare dello Smile Cafè che si trova a un paio di metri dalla parrocchia, «erano due brave persone. Ho sentito il tonfo e credevo ci fosse stato un incidente in strada. Come tante altre volte. Sono uscita e non ho visto auto ferme, così mi sono voltata e ho visto l’operaio appeso al braccio del carrello. E poi...poi l’ho visto volare giù. È stato tremendo. Mi sono sentita le gambe piegarsi».
L’urlo degli operai è stato sentito anche da Ada Grotto, che abita dietro la chiesa: «Ero in casa e mi stavo infilando la camicia per andare a messa. Prima ho sentito un tonfo, poi un urlo disperato di aiuto. Un urlo che non mi dimenticherò mai perchè è stato così intenso, così forte, così disperato che è impossibile dimenticare. Me lo sento ancora dentro».
Le testimonianze si sommano, le une alle altre, tutte drammaticamente uguali. I due operai, oltre a non aver inserito il perno di sicurezza, che è rimasto nella custodia accanto al fanale sinistro della gru, non si erano nemmeno imbragati, così come invece avrebbero dovuto. In questo modo sarebbero rimasti penzoloni nel vuoto, ma si sarebbero salvati all’arrivo dei soccorritori.
Eppure, come hanno sottolineato i titolari del mezzo, che lo danno in affitto ai cantieri, i due avevano fatto il corso sulla sicurezza in ditta. Era stato loro spiegata l’importanza di rispettarle le norme, soprattutto per salvarsi la vita.
«Ho visto l’operaio che si teneva aggrappato con le mani al carrello», ha detto Emanuele Zanon, «e poi precipitare. Sono pratico di queste cose. Ho subito pensato, dio mio, non sono imbragati».
Sul posto oltre ai carabinieri di Cadidavid, quelli del Sis, il servizio investigazioni scientifiche. I vigili del fuoco di Verona hanno dovuto lavorare alcune ore per riaggianciare il carrello e abbassare il braccio mobile. Caschi in testa, imbragature per fissarsi nel caso fosse andato storto qualcosa.
Il traffico sulla statale è stato deviato per parecchie ore, con la polizia municipale locale a dare indicazioni.
Al cantiere sono arrivati i fratelli delle due vittime. Un altro urlo straziante che ha agghiacciato quanti già erano tesi e provati per quello cui avevano assistito.
«Ero in transito», ha detto don Walter parroco di Cadidavid, «ho visto il traffico e ho pensato a un incidente. Ho alzato gli occhi giusto per vedere la scena drammatica di quel corpo che cadeva a terra staccandosi dal carrello». Una scena che in tanti non dimenticheranno più.
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